Direttive per stabilizzare e regolamentare l’uso di videochiamate da parte dei detenuti e nuovi
percorsi di sostegno psicologico alla polizia penitenziaria sono i contenuti delle ultime due circolari
trasmesse dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria (d’ora in poi Dap) agli organi
centrali e periferici dell’Amministrazione stessa.
Gli articoli 29, 30 e 31 della Carta fondamentale, unitamente all’art. 8 della Convenzione europea
dei diritti dell’uomo, tutelano la famiglia e i suoi componenti, riconoscendo a ciascun individuo il
diritto fondamentale al mantenimento delle relazioni socio-familiari.
Coerentemente con detta cornice normativa, costituzionale e convenzionale, l’art. 28 della legge 26
luglio 1975, n° 354, rubricata Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure
privative e limitative della libertà, dispone che «particolare cura è dedicata a mantenere, migliorare
o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie».
A tal fine, sin dalle origini, numerose disposizioni dell’ordinamento penitenziario hanno provveduto
a valorizzare colloqui visivi e di corrispondenza telefonica – oltre che epistolare – quali strumenti
per l’esercizio del diritto delle persone detenute al mantenimento delle relazioni con i propri
familiari.
Così la legge penitenziaria e il relativo regolamento di esecuzione per tutte le persone detenute o
internate – sia pure in modo differente tenendo conto del regime penitenziario cui sono sottoposte e
dal circuito in cui sono inserite – riconoscono da sempre la possibilità di avere contatti con
l’ambiente esterno attraverso le tre diverse modalità dei colloqui visivi, delle conversazioni con il
mezzo del telefono nonché della corrispondenza epistolare (quest’ultima ancora in gran parte
cartacea).
In tale solco si colloca la prima delle due circolari sopra citate. Difatti la circolare n° 3696/6146,
riguardante «Colloqui, videochiamate e telefonate», intende «favorire il ricorso delle
videochiamate, particolarmente idonee ad agevolare il mantenimento delle relazioni familiari e
soddisfare le imprescindibili esigenze di sicurezza».
Questo nuovo strumento di comunicazione – introdotto in via sperimentale durante l’emergenza
Covid – diviene ora una modalità ordinaria al fine di assicurare il richiamato diritto costituzionale di
ciascun individuo al mantenimento delle relazioni socio-familiari. I colloqui e le telefonate – scrive
il capo Dap Renoldi– assumono una «funzione fondamentale sul piano trattamentale, quale
modalità di conservazione delle relazioni sociali e affettive nel corso dell’esecuzione penale e quale
strumento indispensabile per garantire il benessere psicologico delle persone detenute, al fine di attenuare
quel senso di lontananza dal mondo delle relazioni affettive che è alla base delle
manifestazioni più acute di disagio psichico, spesso difficilmente gestibili dal personale e che, non
di rado, possono sfociare in eventi drammatici».
Si fa notare altresì come tale strumento permetta di bypassare «le lunghe e defatiganti operazioni di
perquisizione dei soggetti che fanno ingresso in carcere in occasione dei colloqui in presenza».
La circolare si impegna altresì ad individuare i giusti standard per impedire condotte inidonee
nell’utilizzo di questo nuovo strumento e agevolare al contempo il lavoro del personale
penitenziario.
La circolare n° 3697/6147 si occupa invece dei nuovi percorsi di sostegno a beneficio del personale
penitenziario, contemplando azioni di supporto psicologico per la polizia penitenziaria dando così
seguito all’atto di indirizzo del Ministro della Giustizia Marta Cartabia. Si tratta di previsioni già
contemplate nel documento di programmazione generale emanato l’11 gennaio 2022 dal Dap a
seguito dell’istituzione di un fondo – finanziabile ogni anno – per consentire un’azione strutturata e
permanente di sostegno psicologico per il personale.
Con l’intervento di esperti, soprattutto psicologi del lavoro, viene assicurato agli operatori
penitenziari una rete di supporto per affrontare e meglio elaborare eventi critici e traumatici a cui
possano essere esposti durante il servizio, quali aggressioni, evasioni, e soprattutto suicidi e tentati
suicidi (Al riguardo, se si vuole, si vedano, ivi, i miei precedenti contributi «Suicidi in carcere: uno
ogni cinque giorni»; «Suicidi in carcere: il Dap vara le linee guida per il contrasto al fenomeno;
«Suicidi in carcere interviene il Ministro»).
Il capo Dap Renoldi conclude invitando i Provveditorati ad attivare con urgenza le azioni necessarie
affinché la rete di sostegno sia nel pieno della sua operatività entro il 15 ottobre 2022, attingendo
dai fondi già assegnati per l’anno corrente.
Di seguito:
A cura di Giulia Vagli