Lo scorso 9 giugno è stato convertito in legge il “Decreto sicurezza” (D.l. n. 48/2025), con la riforma, tra le altre, degli artt. 146 e 147 c.p. in materia di differimento dell’esecuzione della pena nei confronti di donne incinte o madri di prole di età inferiore a uno o tre anni. Come rilevato dai primi commentatori, tale intervento appare il frutto di una campagna politica volta a denunciare gli abusi da parte delle donne di etnia Rom, le quali trarrebbero sistematicamente vantaggio dallo stato di gravidanza e dalla maternità per evitare la detenzione carceraria a seguito della commissione di reati1. Al di là delle critiche sollevate dalla riforma nel suo complesso, sono stati avanzati dubbi di legittimità costituzionale in ordine alla tenuta della nuova disciplina del differimento rispetto agli artt. 27 co. 3, 31 e 32 Cost.2. Non è peraltro su questi punti che si incentra la decisione in oggetto, bensì esclusivamente sul profilo del regime intertemporale.
In sintesi, si ricostruisce la vicenda a monte dell’ordinanza in esame: nel giugno 2024 il Tribunale di sorveglianza aveva concesso a una donna, condannata a pena superiore a nove anni, il differimento nelle forme della detenzione domiciliare, ai sensi dell’art. 47 ter co. 1 ter o.p., in ragione del suo stato di gravidanza. Con l’approssimarsi della data fissata quale termine per il differimento (10 giugno 2025), la difesa aveva presentato istanza cautelare di proroga del beneficio, atteso che la condannata era divenuta, medio tempore, madre. Il 3 giugno scorso il magistrato di sorveglianza di Bologna aveva concesso, in via provvisoria, la proroga del rinvio, ai sensi della previgente disciplina dell’art. 146 c.p., nelle forme della detenzione domiciliare3. L’organo monocratico, chiamato a pronunciarsi nel periodo di vigenza del D.l. n. 48/2025, aveva ritenuto «evidente che la normativa d’urgenza […] incide in termini peggiorativi su istituti che […] attengono al diritto penale sostanziale». Pertanto, aveva applicato il divieto di irretroattività ex art. 25, co. 2, Cost. nei termini delineati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 32 del 2020.
Il Tribunale di sorveglianza di Bologna, con ordinanza del 3 ottobre 2025, ha confermato l’impostazione accolta dal magistrato, rilevando come la Corte costituzionale abbia, infatti, «posto un chiaro limite a quelle modifiche della normativa sull’esecuzione penale che restringano o aggravino la possibilità di accesso alle misure alternative alla detenzione», le quali devono essere soggette al divieto di irretroattività della norma penale più sfavorevole, «in quanto capaci di incidere in concreto sulla qualità della privazione della libertà personale» e, pertanto, «assimilabili a norme di diritto sostanziale»4. Del resto, la stessa Corte EDU, nella nota sentenza Del Rio Prada v. Spain (ric. n. 42750/09, 21 ottobre 2013) ha individuato come soggette al divieto di applicazione retroattiva, ex art. 7 CEDU, le modifiche normative che comportano una «ridefinizione o modificazione della portata applicativa della “pena” imposta dal giudice», poiché in caso contrario, si incorrerebbe nel rischio di «adottare misure che retroattivamente ridefiniscono la portata della pena imposta, in senso sfavorevole per l’interessato».
Secondo il collegio, tale ragionamento deve applicarsi in modo analogo anche con riguardo al differimento della pena, sia in ragione della ratio umanitaria dell’istituto, sulla quale incidono le «modifiche peggiorative», sia in considerazione degli effetti che tale riforma determina sull’accesso alla misura alternativa della detenzione domiciliare c.d. surrogatoria, nella misura in cui le ipotesi di differimento costituiscono presupposti normativi per la sua concessione. A tal proposito, il Tribunale, a seguito di un’attenta analisi comparativa tra la previgente formulazione degli art. 146 e 147 c.p. e la disciplina risultante dalla loro riforma, ha ritenuto «evidente che la normativa d’urgenza di cui al D.l. 48/2025 – L. 80/2025 ha inciso in termini peggiorativi sull’istituto del differimento della pena, restringendo le ipotesi di differimento obbligatorio e precludendo il differimento facoltativo ove sussista un pericolo di eccezionale rilevanza di commissione di altri reati». Di conseguenza, in punto di diritto intertemporale, stabilisce che «continueranno a trovare applicazione le disposizioni di cui agli artt. 146 e 147 c.p. vigenti al momento di commissione del fatto di reato» per quei delitti commessi anteriormente alla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del “Decreto Sicurezza”5.
Note
- Come sottolineato da E. Dolcini, Un Paese meno sicuro per effetto del Decreto-legge Sicurezza, in Sistema Penale, 15 maggio 2025, pp. 1–14: «Il decreto sicurezza punta l’indice (o meglio, punta l’arma della pena carceraria) contro le donne di etnia Rom, alle quali si imputa – in un coro assordante e ossessivo, largamente alimentato da pubblici proclami – di essere autrici di frequenti borseggi e di sottrarsi sistematicamente al carcere attraverso gravidanze e maternità»
- Per un approfondimento, v. A. Martufi, Il carcere ai tempi della “controriforma”: D.L. sicurezza ed esecuzione penale, in Diritto Penale e Processo, n. 7/2025, pp. 889–898; D. Livreri, Il tramonto del differimento obbligatorio della pena, nel prisma dei valori costituzionali, in Sistema Penale – Profili di (in)costituzionalità del decreto-sicurezza, a cura di G. Losappio e A. Manna, maggio 2025, pp. 43–51
- Per un primo commento a tale decisione, v. G. L. Gatta, Donne incinte e madri di neonati: irretroattiva l’abolizione del rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena, in Sistema Penale, 20 giugno 2025
- Secondo autorevole dottrina «perplessità solleva il collegamento tra applicabilità della garanzia dell’irretroattività e carattere “sostanziale” della disciplina oggetto di modifica in pejus», oltre a porsi «la necessità di determinare il livello di incidenza e significatività del mutamento in pejus idoneo a integrare la nozione di modifica sostanzialmente “penale” e ad attivare la garanzia dell’irretroattività: […] una valutazione ponderale particolarmente delicata». V. A. Gargani, L’estensione “selettiva” del principio di irretroattività alle modifiche in pejus in materia di esecuzione della pena: profili problematici di una decisione “storica”, in Giurisprudenza Costituzionale, n. 1/2020, pp. 263–273
- Il Collegio, nel caso di specie, ha ritenuto di «disporre la detenzione domiciliare in luogo del differimento ai sensi dell’art. 47 ter co. 1 ter o.p. per tutto il periodo indicato», ossia sino al 17 dicembre 2025, ai sensi dell’art. 146 n. 2 c.p. nella sua previgente formulazione e dal 18 dicembre 2025 al 18 dicembre 2027, ex art. 147 co. 3 c.p. nella versione anteriore alla riforma
