Detenuto extracomunitario privo di permesso di soggiorno : riconosciuto il diritto all’elaborazione di un programma terapeutico di recupero

Il reclamo di cui si tratta veniva presentato da un detenuto recluso presso la Casa Circondariale di Terni al magistrato di sorveglianza di Spoleto, durante un colloquio tenutosi nella stessa struttura di reclusione nel gennaio del 2021.

In quella sede, il reclamante agiva ai fini di ottenere la predisposizione da parte dei servizi sanitari competenti territorialmente, nello specifico l’Asl Umbria 2, di un programma terapeutico per la cura della propria condizione di tossicodipendenza, alla luce del rifiuto oppostogli dalla azienda sanitaria di riferimento.

L’elaborazione del programma di recupero si rivelava necessaria ai fini della concessione a favore del detenuto della misura alternativa dell’affidamento in prova in casi particolari ex art. 94 Dpr 309\90, in quanto costituiva per legge, insieme al certificato di tossicodipendenza, documentazione la cui allegazione all’istanza di misura alternativa era necessaria pena l’inammissibilità della stessa.

La Asl Umbria2 , interpellata dal magistrato di sorveglianza in sede di istruttoria su quali fossero le ragioni alla base del diniego opposto alla richiesta di programma, argomentava il suo rifiuto alla luce della condizione di cittadino extra-comunitario senza permesso di soggiorno del richiedente; difatti, sulla base del dato normativo di cui all’articolo 35 co. 3 Dlgs 286\98, nonché dei regolamenti aziendali interni, al cittadino straniero presente sul territorio nazionale non in regola con le norme relative all’ingresso e al soggiorno, possono essere garantite, presso i presidi pubblici, esclusivamente le cure urgenti ed essenziali, nelle quali non rientrerebbe l’inserimento dello stesso in programmi terapeutici comunitari, semiresidenziali, e domiciliari.

Nonostante le argomentazioni addotte dalla controparte, il magistrato di sorveglianza interpellato dispone, all’esito procedimento, l’accoglimento del reclamo presentato dall’interessato, motivando come segue.

L’accoglimento si rende necessario, innanzitutto, poiché è principio ormai pacifico nella giurisprudenza della Suprema Corte, che “in materia di esecuzione della pena, le misure alternative alla detenzione in carcere possono essere, qualora ricorrano le condizioni stabilite dall’ordinamento penitenziario, applicate anche allo straniero extracomunitario che sia entrato illegalmente nel territorio dello stato e sia privo del permesso di soggiorno”, non operandosi, quindi, in questo contesto “alcuna discriminazione del relativo trattamento sulla base della liceità, o non, della presenza del soggetto nel territorio dello Stato italiano”; difatti, i preminenti valori costituzionali della uguale dignità delle persone e della funzione rieducativa della pena ex artt. 2,3 e 27 comma 3 costituzione, che costituiscono la chiave di lettura anche delle disposizioni dell’ordinamento penitenziario sulle misure alternative, impongono che “l’applicazione di dette misure non può essere esclusa, a priori, nei confronti dei condannati stranieri, che versino in condizioni di clandestinità o di irregolarità e siano perciò potenzialmente soggetti ad espulsione amministrativa da eseguire dopo l’espiazione della pena”.

In attuazione di tale orientamento, in numerose pronunce la Corte costituzionale ha disposto l’illegittimità costituzionale, per contrasto con gli artt. 2,3, 27 della Carta, delle disposizioni in materia di misure alternative alla detenzione, dove interpretate nel senso che le stesse siano in ogni caso precluse al cittadino privo di permesso di soggiorno.

In tali sedi, inoltre, la Consulta, in risposta a talune rimostranze sollevate, negava che l’esigenza di rispettare le regole in materie di ingresso e soggiorno imposte dal T.U. in materia di immigrazione potesse costituire una ragione giustificativa della radicale discriminazione dello straniero sul piano dell’accesso al percorso rieducativo, cui la concessione delle misure alternative è funzionale; difatti, “ è proprio la condizione di persona soggetta all’esecuzione della pena che abilita ex lege- anzi costringe- lo straniero a permanere nel territorio dello stato”, sia nel caso in cui l’esecuzione della pena abbia luogo nella forma intra-muraria, sia in quello in cui, invece, avvenga in forma extra-muraria, a seguito di eventuale concessione di misure alternative.

“Nel momento in cui prevede che l’esecuzione della pena “prevalga”, sospendendone l’attuazione, sulla espulsione cui il condannato extracomunitario sarebbe soggetto, il legislatore adotta una soluzione che implica l’accettazione della perdurante presenza dello straniero nel territorio nazionale durante il tempo di espiazione della pena stessa”. Tale insegnamento non può non essere applicato anche al caso di specie, caratterizzato proprio dalla presenza in capo al reclamante di un titolo, quello dell’esecuzione penale, in forza del quale si trova obbligatoriamente nel territorio dello stato italiano, ed in forza del quale “deve conseguirne per il tempo in cui vi si trovi l’obbligo di vedere curata tale sua condizione, tanto in un orizzonte di presa in carico intramuraria, quanto al fine della elaborazione (…) di un programma terapeutico extra-murario”.

Alla luce delle considerazioni qui brevemente riportate, il magistrato di sorveglianza dispone l’accoglimento del reclamo del condannato e per l’effetto ordina alla Usl Umbria 2 competente di disporre, all’esito di opportuni incontri e approfondimenti, un programma terapeutico di cura dalla condizione di tossicodipendenza, come dallo stesso richiesto, senza che rilevi in senso ostativo la posizione di cittadino extracomunitario privo di permesso di soggiorno.

 

Qui di seguito l’ordinanza :

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