In un momento storico in cui le statistiche sui giovani detenuti under 25 negli istituti penitenziari italiani per adulti sono in costante aumento registrando un incremento del 35% rispetto all’anno precedente, il libro di Monica Cristina Gallo — già Garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Torino — si pone come un’occasione di riflessione quanto mai attuale e necessaria.
Attraverso la propria testimonianza, l’autrice ci accompagna all’interno delle mura carcerarie della casa circondariale Lorusso e Cutugno per mostrarci da vicino la realtà di questi giovani: vite sospese, troppo spesso dimenticate da un sistema che, invece di educare e rieducare, rischia di condannare definitivamente. In queste pagine trovano spazio emozioni troppo a lungo represse: rabbia, fragilità, paura, ma anche il desiderio autentico di una seconda possibilità. Gallo si fa così portavoce delle storie, delle sofferenze e delle speranze dei giovani detenuti, restituendo loro quell’umanità che troppo spesso viene negata.
Il libro lancia un messaggio chiaro: ogni giovane recluso in un carcere per adulti è una vita che rischiamo di perdere. Intrappolati in un sistema che raramente offre reali prospettive di cambiamento, questi ragazzi finiscono per essere inghiottiti da un meccanismo che alimenta la recidiva anziché la rinascita. Così il carcere, che secondo il dettato costituzionale di cui all’articolo 27 comma 3 dovrebbe erigersi a strumento di rieducazione e reinserimento sociale, spesso si rivela invece un luogo di abbandono, disillusione, rassegnazione e contagio criminale.
Di fronte ad un sistema penitenziario che appare sempre più inadeguato e incapace di offrire reali prospettive di cambiamento, Gallo solleva interrogativi urgenti sul futuro che attende questi ragazzi. Un futuro che non può e non deve essere fatto solo di recidiva e marginalità.
Ma “18+1. Diciotto anni e un giorno” vuole essere di più di un libro-denuncia: è un invito alla consapevolezza collettiva e al suo risveglio. Un appello che ricorda che dietro ogni errore c’è una persona, non solo un colpevole. Gli errori compiuti in giovane età non devono compromettere in modo irreversibile il futuro di questi ragazzi perché come ricorda l’autrice, parafrasando Luigi Settembrerini, il carcere arriva sempre «dopo», quando il danno è già stato fatto, quando la strada è già stata segnata.
