17 Aprile 2025

Recensione al libro di M. Bortolato e E. Vigna, Oltre la vendetta (La giustizia riparativa in Italia), ed. Laterza, 2025

A cura di prof.ssa Valentina Bonini (dell'Università di Pisa)

Il libro si pone in linea di continuità con l’opera che gli stessi Autori hanno licenziato cinque anni prima, dal titolo “Vendetta pubblica. Il carcere in Italia”, che, del resto, chiudeva proprio con un capitolo che gettava lo sguardo sulla giustizia riparativa. Anche grazie a queste riflessioni –puntuali eppure agilmente sviluppate– risulta ora più chiara la specificità di un paradigma di giustizia che si discosta dalle logiche retributive e non si identifica in quelle risocializzative (p. 124), perché si libera in radice della sanzione come raddoppio del male. Al contempo, le trame descrittive evidenziano che l’autonomia della giustizia riparativa non si traduce in una impossibilità di interlocuzione con il sistema punitivo, ma semmai arricchisce e completa il “servizio giustizia” con risposte a bisogni individuali che sono altrimenti destinati a non ricevere cura.

Lungi dall’atteggiarsi come un sequel, il più recente pamphlet riesce a evidenziare bene la complementarità tra giustizia punitiva e giustizia riparativa non solo nelle scelte compiute dal legislatore italiano con la c.d. riforma Cartabia del 2022, ma anche nella storia, a partire da quella remota. Con uno sguardo che parte dagli antichi testi sacri (p. 31), apre a una dimensione antropologica e si posa su alcune delle più prossime esperienze riparative che sono state sviluppate in diversi continenti (p. 35), si giunge a tratteggiare la giustizia riparativa moderna con un excursus che, nella sua rapidità, ben svela la costante dell’obiettivo riparativo come bisogno di giustizia che, nei secoli e nelle varie latitudini, si giustappone alla reazione vendicativa e punitiva. 

Restringendo la focale sull’esperienza italiana, si sottolinea un tratto tipico della restorative justice come fenomeno bottomup, che parte dalla prassi (in particolare, gli uffici di Bari, Torino e Milano che per primi praticarono il paradigma riparativo nella prima metà degli anni ’90) e consegna esperienze di particolare rilievo (tra le quali non poteva mancare quella narrata nel Libro dell’Incontro) per trovare prima piccoli pertugi normativi e, infine, traduzione in un impianto così ampio e articolato da essere definito in termini di «disciplina organica». Particolarmente efficace è la scelta di presentare l’esperienza riparativa come una rappresentazione teatrale, suddivisa in Prologo, Atti e Scene: richiama l’insegnamento della mediazione umanistica che Jacqueline Morineau ha trasmesso a molti operatori della giustizia riparativa anche in Italia, sottolinea l’importanza della capacità –che accomuna la pratica teatrale e quella riparativa– di indossare i panni dell’Altro, aiuta a seguire il tracciato del sentiero riparativo senza ricorrere alla costrizione procedurale tipica degli itinerari della giustizia punitiva “formale”.

Preme, semmai, sottolineare come sul “palcoscenico riparativo” (rigorosamente riservato, ossia costruito come un «teatro dell’umano senza pubblico», p. 80), si reciti “a soggetto”, non solo perché non ci sono battute e ritmi preconfezionati, ma anche perché qui si rifugge l’idea di attribuire ruoli fissi, etichettanti e costringenti in una parte, per “mettere in scena” la complessità umana dell’esperienza di ingiustizia. E, da questo punto di vista, due sono le notazioni che correttamente accompagnano la rappresentazione offerta da Marcello Bortolato e Edoardo Vigna: quanto ai protagonisti, affiora subito il ruolo centrale che nelle dinamiche riparative assume la vittima di reato (p. 69), che qui può trovare una risposta ai bisogni di ascolto, di riconoscimento e di parola che restano esiliati dalla giustizia punitiva; quanto agli sviluppi “scenici”, la duttilità del copione assegna agli attori la gestione dei tempi, della parola e della costruzione del finale, con l’obiettivo di assecondare un percorso trasformativo (p. 14), che permetta ai protagonisti di uscire da quel teatro un po’ diversi da come vi erano entrati, perché alleggeriti delle conseguenze emotive dell’esperienza di ingiustizia agìta e patita. Ecco che, seppure sovente definita come rivoluzionaria (p. 16 e 124) o scandalosa (p. 22), la giustizia riparativa finisce per presentarsi nei termini di una giustizia necessaria per accogliere e dare risposta a quelle eccedenze non trattate né trattabili dal sistema punitivo, in quanto legate alla sfera emotiva e al vissuto individuale. Sostituita la terribilità della «vendetta pubblica» con la cura dei bisogni individuali offerta dall’incontro riparativo, allora, non solo si supera l’impianto carcerocentrico, ma si apre spazio a un nuovo umanesimo penale (p. 24) che, parafrasando Martha Nussbaum, sappia «aggiustare il passato senza infliggere dolore nel presente» (p. 25). 

Contributi simili

Videochiamate in carcere e supporto psicologico per la Polizia Penitenziaria

Direttive per stabilizzare e regolamentare l’uso di videochiamate da parte dei detenuti e nuovi percorsi di sostegno psicologico alla polizia…

Leggi tutto...

1 Ottobre 2022

Le osservazioni di Michele Passione sulla proposta di riforma elaborata dalla fondazione “Falcone”

Mentre si rincorrono voci su quale testo verrà esaminato martedì in Commissione Giustizia della Camera sui progetti di riforma della disciplina concernente l’ergastolo ostativo dopo l’ordinanza n.97/2021, anche la Fondazione Falcone ha presentato la sua proposta di legge, adesivamente commentata sulle pagine del Dubbio e successivamente ivi illustrata da uno dei suoi estensori, che ha sostenuto che il testo si muove “nella prospettiva indicata dalle Corti”.…

Leggi tutto...

14 Novembre 2021

Le liste d’attesa nelle REMS: una condanna senza scampo da parte della Corte Europea

Rossi dalla vergogna, anzi paonazzi. E’ questa la sensazione che si prova nel leggere le motivazioni con cui la Corte Edu ha condannato ancora una volta il nostro Paese per violazione, fra l’altro, di due fondamentali disposizioni della Convenzione europea: l’art. 3 (che - come sottolineano per l’ennesima volta, semmai ce ne fosse bisogno, i giudici di Strasburgo - costituisce uno dei valori fondamentali delle società democratiche e impone ai singoli Stati, fra l’altro, di assicurarsi che chiunque si trovi in stato di arresto sia << détenu dans des conditions compatibles avec le respect de la dignité humaine>>) e l’art. 5 ( il quale prende posto <> e, in quanto tale, <> all’interno del sistema convenzionale).…

Leggi tutto...

27 Gennaio 2022

Numero dei detenuti di nuovo in aumento. Il Garante Nazionale invita ad un’attenta riflessione

Aumenta il numero dei detenuti: è quello che si evince dai dati raccolti. Difatti, si registra un segnale in controtendenza rispetto alla riduzione che si era avuta nel 2020, anche a seguito dell’emergenza sanitaria.…

Leggi tutto...

15 Novembre 2021

Cass. Pen., Sez. II, sent. 8 luglio 2021, n. 32593: la custodia cautelare in carcere ai sensi del combinato disposto degli artt. 275, co. 2-bis, c.p.p. e 4-bis Ord. Pen.

L’art. 275, co. 2, c.p.p. trova applicazione sia in fase di irrogazione della misura, sia nel corso della sua esecuzione.…

Leggi tutto...

7 Febbraio 2022

Torna in cima Newsletter