La Suprema Corte di Cassazione si è nuovamente soffermata sulla liberazione anticipata, quale riconoscimento della partecipazione del condannato all’opera di rieducazione, per la cui concessione è necessario indagare la condotta esteriore del detenuto. Quest’ultima deve essere valutata, con particolare riferimento, all’impegno dimostrato dal detenuto nel profittare proficuamente di opportunità offerte nel corso del trattamento e al mantenimento di rapporti, corretti e costruttivi, anche con gli operatori penitenziari.
Ove la pena – prosegue la Corte di Cassazione – venga espiata agli arresti domiciliari, o in detenzione domiciliare, mancando quindi il trattamento rieducativo svolto in istituto e la correlativa partecipazione ad esso del detenuto, assume rilievo la valutazione della sua condotta sotto il profilo del rispetto delle prescrizioni imposte, ovvero dell’espletamento della prestazione lavorativa, se consentita, nonché l’esame del comportamento complessivo del soggetto in modo da trarre da esso ogni elemento che esprima, o neghi, l’evoluzione positiva della sua personalità.
Insegna la Suprema Corte che la valutazione deve essere d’insieme ed è illegittimo ogni automatismo, “dovendo il diniego del beneficio essere sorretto, anche in caso di trasgressione, da una completa valutazione fattuale e psicologica dell’addebito, in modo che ne risulti l’incidenza negativa sulla partecipazione del condannato all’opera di rieducazione (Sez. 1, n. 51463 del 24/05/2017, Irace, Rv. 271595 01). I relativi apprezzamenti non sono censurabili in sede di legittimità, solo se sorretti da motivazione adeguata, razionale ed esaustiva”.
Qui il testo della sentenza.
A cura di Beatrice Paoletti