Il principio di rieducazione della pena è uno dei capisaldi della nostra Costituzione; esso consente al reo di esser visto quale soggetto in grado di poter reinserirsi nella società.
Coerentemente con tale aspetto deve essere citato il secondo comma dell’articolo 1 Ord. pen., secondo cui il trattamento tende, anche attraverso i contatti con l’ambiente esterno, al reinserimento sociale ed è attuato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni degli interessati.
In relazione a ciò il Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà, all’art. 1 co. 2 definisce il trattamento rieducativo dei condannati e degli internati volto a promuovere un processo di modificazione di quelle condizioni, atteggiamenti personali e relazioni che sono di ostacolo ad una partecipazione sociale costruttiva.
Al fine di raggiungere tale scopo, nei confronti di condannati ed internati, un’apposita équipe svolge un’attività di osservazione scientifica della personalità, nell’ambito della quale è offerta all’interessato l’opportunità di una riflessione sul fatto criminoso commesso, sulle motivazioni e sulle conseguenze prodotte, nonché sulle possibili azioni di riparazione. Questa attività è altresì rivolta a rilevare le altre cause che hanno condotto al reato e, successivamente, a proporre un idoneo programma di reinserimento.
Sulla base dei risultati dell’osservazione, per ciascun dei soggetti osservati viene redatta una relazione avente ad oggetto le indicazioni in merito al trattamento rieducativo, e viene compilato il relativo programma di trattamento, contenente gli interventi rieducativi che gli operatori penitenziari propongono di attuare nei loro confronti. Tale programma deve essere approvato dal magistrato di sorveglianza e verrà integrato o modificato secondo le esigenze che si prospettano nel corso dell’esecuzione.
Premesso quanto esposto, nel caso di specie la giurisprudenza di legittimità ha ribadito che la relazione di sintesi non ha alcuna attitudine vincolante rispetto alla decisione giudiziaria, costituendo semplicemente un dato istruttorio su cui è ammesso il contraddittorio tra le parti nel corso della procedura giurisdizionale.
Qui il testo della sentenza.
A cura di Yasmine Spigai