Cass. Pen., Sez. I, sent. 9 settembre 2021, n. 44133: la battitura dei blindati in forma di protesta

La battitura dei blindati può integrare la fattispecie disciplinare della molestia nei confronti della comunità penitenziaria.

 

Il sistema disciplinare vigente negli istituti penitenziari è caratterizzato dai principi di tipicità, offensività e gradualità, tale per cui i detenuti e gli internati non possono essere sanzionati disciplinarmente, se non per i fatti tipizzati dal regolamento e costituenti illeciti, così come previsto dall’art. 38, co. 1, Ord. Pen.

Gli illeciti, ordinati secondo una scala di crescente gravità, sono contenuti nell’art. 77, co. 1, Ord. Pen. e al n. 4) sono contemplati gli «atteggiamenti e comportamenti molesti nei confronti della comunità». La ratio della norma, come precisato dalla Suprema Corte di Cassazione, risiede “nell’esigenza di garantire, all’interno degli istituti, il rispetto delle regole e delle condizioni di civile convivenza, che rappresentano premessa indispensabile, ancorché di per sé sola non sufficiente, per l’ordinato svolgimento della vita penitenziaria e per la realizzazione degli obiettivi del relativo trattamento (art. 2 reg. es. Ord. pen.)”.  

Richiamando una precedente pronuncia (cfr. Sez. 1, n. 5401 del 20.11.2020), la Corte di Cassazione ha osservato anche che la battitura dei blindati, ancorché attuata in forma e per scopi di protesta collettiva, non rientra tra quelle condotte di intimidazione, sopraffazione dirette verso compagni di detenzione, di per sé danneggiamento di beni dell’Amministrazione, partecipazione e/o promozione di disordini o sommosse, ossia tra quelle fattispecie disciplinari ulteriori e più gravi.
Nel concetto di “molestia” di cui al predetto n. 4) non vi rientrano le cause di pregiudizio materiale,  interruzione del servizio, sommosse o gravi disordini, bensì “tutte le situazioni di fastidio, disagio, disturbo, e comunque di turbamento della tranquillità e della quiete della comunità penitenziaria, che producono un impatto negativo, anche psichico, sull’esercizio delle normali attività quotidiane, di relazione e di lavoro di quanti facciano parte della comunità stessa”. Pertanto, la battitura collettiva dei blindati delle camere di pernottamento, adottata dai detenuti in forma di protesta, e le emissioni sonore prodotte sono manifestazioni paradigmatiche di molestia nei confronti della comunità penitenziaria (cfr. Sez. 7, n. 53086 del 21/06/2018; Sez. 7, n. 762 del 16/10/2019; Sez. 1, n. 57891 del 12/09/2018; Sez. 1, n. 47054 del 02/05/2018; Sez. 7, n. 35572 del 22/03/2018; Sez. 7, n. 55185 del 15/09/2017), almeno nei casi di superamento soglia fisiologica di ordinaria tollerabilità (cfr. Sez. 1, n. 3779.2 , del 26/06/2017), misurata in relazione alla frequenza e alla durata della protesta stessa, anche in rapporto (cfr. Sez. 7, n. 54777 del 13/09/2018) alle ragioni che possono averla determinata, ragioni che, nel caso di specie, risiedevano in rivendicazioni attinenti all’ordinaria vita e realtà carceraria, quindi motivi estranei alla sfera dei diritti fondamentali della persona. Riguardo al superamento della soglia di tollerabilità, la Suprema Corte ha osservato che “l’apprezzamento concreto circa l’avvenuto superamento del margine di tollerabilità è rimesso, in caso di irrogazione della sanzione disciplinare e di sua impugnativa giurisdizionale, alla prudente valutazione della magistratura di sorveglianza, che deve però inquadrarsi nella corretta cornice legale, nonché essere sorretta, come è richiesto per il complesso delle delicate attribuzioni a tale magistratura affidate (Sez. 1, n. 1525 del 26/02/2021; Sez. 1, n. 3002 del 20/12/2019; Sez. 1, n. 652 del 10/02/1992), da motivazione adeguata e rispondente a canoni logici, coerenti con l’operata ricognizione degli incidenti elementi di giudizio”.

Qui il testo della sentenza.

 

A cura di Beatrice Paoletti

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