Osservazioni in merito alla bozza di circolare del D.A.P. sul circuito di media sicurezza

Il circuito di media sicurezza rappresenta un settore che, più di altri, è stato oggetto di numerose modifiche le quali, tuttavia, hanno portato alla formazione di prassi eterogenee, molto spesso non in linea con quanto statuito a livello nazionale e internazionale. Per questo motivo, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ha elaborato una circolare al fine di ridisegnare il trattamento penitenziario nel circuito di media sicurezza, il quale ospita, peraltro, il maggior numero di detenuti presenti all’interno delle carceri italiane. L’organizzazione attuale degli istituti penitenziari si caratterizza, appunto, per la duplice presenza di un regime aperto, riservato a quei pochi che si trovano ristretti nelle sezioni a custodia attenuata, e di un regime chiuso previsto, invece, per le persone detenute nelle sezioni di alta sicurezza. Al fine di superare questa distinzione, sarebbe opportuno ed auspicabile, a parere del sindacato di polizia penitenziaria SAPPE – il quale ha sollevato alcune considerazioni in merito alla circolare –, coinvolgere i detenuti in attività lavorative, formative, culturali, ricreative e sportive così da realizzare, compiutamente, quanto previsto dall’art. 27 della Costituzione.

Sotto questo profilo, la circolare interviene introducendo, presso ogni istituto penitenziario, la distinzione tra sezioni ordinarie e sezioni di trattamento avanzato cui accendono i detenuti ed internati sulla base di criteri e procedure, specificati all’interno del documento in esame, che tengono conto della specifica situazioni dei ristretti. Quanto alle sezioni ordinarie, l’innovazione auspicata dall’amministrazione penitenziaria è rappresentata dal fatto che in esse non si applicherebbe più il regime di sorveglianza dinamica – il quale si ricorda essere stato introdotto a seguito della sentenza Torreggiani–prevedendo, invece, che, oltre il limite massimo di otto ore fuori dalla cella per le consuete ore d’aria o per consentire ai detenuti di frequentare le attività organizzate, i detenuti debbano rimanere, per tutto il resto del tempo, chiusi nelle rispettive celle.

Emblematico, a tal proposito, è il parere espresso dal Presidente dell’Associazione Antigone, Patrizio Gonnella, il quale ha evidenziato come il sistema auspicato dalla circolare in esame, anziché essere un passo in avanti, rischia di tradursi in un passo indietro rispetto al modello attuale.  A contribuire al rischio appena evidenziato vi è pure la richiesta, avanzata dall’amministrazione penitenziaria, di dar vita, all’interno del circuito di media sicurezza, ad un’altra tipologia di sezioni, le cd. sezioni ex art. 32 D.P.R. 230/2000, le quali, essendo destinate ad accogliere i detenuti che presentano un comportamento problematico, sono caratterizzate da un regime ancora più chiuso rispetto a quello attualmente previsto per le sezioni di alta sicurezza. Un altro aspetto importante, su cui insiste l’amministrazione penitenziaria, riguarda la necessità di incrementare, all’interno del circuito, la presenza di figure multidisciplinari assistono il detenuto durante il periodo di reclusione. Tale necessità sembra, tuttavia, passare in secondo piano dal momento che la stessa circolare non fa alcun riferimento a dette figure; anzi, per quanto riguarda, ad esempio, gli educatori, essi vengono ad essere addirittura esclusi dalle scelte operate in ambito pedagogico.

Questo tentativo, da parte dell’amministrazione penitenziaria, di meglio riorganizzare il regime penitenziario previsto per il circuito di media sicurezza è stata oggetto di non poche osservazioni sollevate, come si è detto, dal Presidente dell’Associazione Antigone, ma anche da parte del sindacato di polizia penitenziaria, i quali esprimono, tuttavia, pareri contrapposti. Come si legge, infatti, nell’articolo pubblicato sul sito dell’Associazione Antigone l’ottobre scorso, le regole elaborate dall’amministrazione penitenziaria, anziché intervenire per favorire il regime aperto delle sezioni a custodia attenuata, sembrano optare, al contrario, per il regime chiuso, prevedendo addirittura sezioni con un regime ancora più ristretto. Ed, inoltre, il silenzio dell’amministrazione penitenziaria in merito alla possibilità di incrementare la presenza di figure importanti per la vita del detenuto, quali medici, psicologi, educatori, mediatori e assistenti sociali, dimostra la scarsa sensibilità verso i diritti dei detenuti, la loro qualità di vita e le loro prospettive di reinserimento sociale. Dunque, in mancanza di criteri legislativi sulla base dei quali procedere all’assegnazione dei detenuti alle rispettive sezioni, <<il rischio grosso che si corre è duplice: da un lato il declino di queste sezioni ordinarie verso un modello di tipo prevalentemente disciplinare, dall’altro la creazione di ghetti reclusivi per i cosiddetti detenuti difficili, alimentando conflitti e violenza.>> (v. P. GONNELLA, “Il rischio di un grave passo indietro. E non è un film.”, in Antigone, pubblicato il 29.10.2021).

Di diverso avviso si pone il sindacato di polizia penitenziaria SAPPE, secondo il quale, alla luce dello stato di totale ingovernabilità nel quale versano le carceri italiane, si dovrebbe procedere, in primo luogo, al ripristino della legalità e della sicurezza attraverso la rimodulazione dei criteri di assegnazione delle sezioni tenendo conto della situazione personale del detenuto.  Il sindacato ritiene, quindi, opportuno prevedere l’assegnazione diretta alle sezioni ex art. 32 D.P.R. 230/2000 dei detenuti responsabili di condotte violente (aggressioni) verso il personale di Polizia Penitenziaria, gli operatori in generale e gli altri reclusi, mentre, per quanto riguarda i detenuti affetti da problemi psichici è necessario istituire apposite sezioni, articolare in più strutture regionali, evitando, in tal modo, la loro permanenza all’interno delle sezioni ordinarie. Ed infine, viene rivolta particolare attenzione anche ai detenuti tossicodipendenti, cui dovrebbe esser concesso di intraprendere un percorso di recupero, in collaborazione con la comunità esterna, al fine di uscire, definitivamente, dal carcere e dalla condizione di dipendenza.

Qui il testo della bozza.

 

A cura di Diletta Niccoli

Contributi simili

L’essenza dell’habeas corpus nel confronto con la libertà di circolazione: la sentenza n. 127 del 2022 C. Cost.

Con la sentenza ivi in commento, la Consulta è intervenuta su un tema strettamente connesso all’universo penitenziario, ovvero la duplice…

Leggi tutto...

30 Maggio 2022

Corte costituzionale: Non sono illegittimi i limiti di pena per l’accesso alle misure penali di comunità

La Corte costituzionale, con sentenza n. 231/2021, depositata in data odierna, ha dichiarato non fondate le censure formulate dal Tribunale per i minorenni di Brescia in relazione agli artt. 4, c. 1, e 6, c. 1, d.lgs. 121/2018.…

Leggi tutto...

2 Dicembre 2021

Osservazioni della Prof.ssa Laura Cesaris in ordine alla sentenza della Corte costituzionale n. 30 del 2022

Con la sentenza n. 30 del 2022 la Corte costituzionale dichiara la illegittimità costituzionale dell’art. 47-quinquies ord. penit. nella parte in cui non prevede la concessione in via provvisoria della detenzione domiciliare speciale nelle ipotesi in cui sussista un grave pregiudizio per il minore derivante dal protrarsi dello stato detentivo del genitore. In tal modo la Corte aggiunge un’ulteriore tessera al mosaico degli istituti previsti dall’ordinamento penitenziario e diretti a tutelare il rapporto genitoriale e soprattutto contribuisce ad un’ulteriore omologazione delle due ipotesi di detenzione domiciliare −quella comune e quella speciale− sul piano della disciplina, come la stessa Corte ricorda, in tutti i casi in cui il «preminente interesse del minore non ammette(va) che restassero distinte».…

Leggi tutto...

1 Marzo 2022

Ancora sulla proroga del regime ex art. 41-bis

Cass. Pen., Sez. I, sent. 4 maggio 2021, n. 28979 e Cass. Pen., Sez. I, sent. 20 maggio 2021, n. 23540. Sul ricorso proposto dalla detenuta in regime di detenzione differenziato Lioce Nadia Desdemona, la Corte di Cassazione con la sentenza n. 28979/2021 ha ribadito che per la proroga del regime del c.d. carcere duro, ai sensi dell’art. 41-bis, co. 2, Ord. Pen., è necessario verificare la sussistente “capacità” di mantenere i collegamenti con l’associazione criminale, terroristica o eversiva. È sufficiente “la potenzialità, attuale e concreta, di collegamenti con l’ambiente malavitoso che non potrebbe essere adeguatamente fronteggiata con il regime carcerario ordinario”. Nella medesima pronuncia, la Corte precisa che, in ordine ai provvedimenti di applicazione o di proroga del regime differenziato il controllo di legittimità affidatole è circoscritto alla violazione di legge.…

Leggi tutto...

16 Settembre 2021

Carceri, la perenne sconfitta

Si segnala l’articolo e il podcast di Conchita Sannino apparso su La Repubblica il 29 dicembre scorso, in cui viene analizzata la complessa e difficile situazione carceraria nei due anni dell’emergenza pandemica, le storture che non si sono riuscite a sanare, le violenze e le sconfitte della gestione.…

Leggi tutto...

1 Gennaio 2022

E’ legittima la decisione con cui il Tribunale di sorveglianza di L’Aquila ha negato la concessione del permesso premio a un esponente di spicco della criminalità organizzata (Cass., I, 6 luglio 2022, F. Graviano)

La sentenza della Cassazione in oggetto trae origine dall’ordinanza con cui il Tribunale di Sorveglianza di L’Aquila rigettava il reclamo proposto contro l’ordinanza del Magistrato di sorveglianza che aveva respinto la richiesta presentata dal medesimo di accedere all’istituto dei permessi premio. Conformemente ai giudici di merito, la Cassazione ritiene, invero, che un’adeguata valorizzazione della riscontrata <> e della <> non si presti a “compensare” la mancanza di <> dal <> e la <>.…

Leggi tutto...

30 Novembre 2022

Torna in cima Newsletter