Sulla questione relativa alla “condizione di madre di prole di età che, anche se superiore ai tre anni, necessiti di continua assistenza materiale ed affettiva”, la Suprema Corte di Cassazione si era già espressa – in materia di estradizione – nel senso che “la consegna sia subordinata all’esistenza nel Paese richiedente di garanzie idonee ad assicurare i contatti dell’estradanda con i figli con modalità sia pure non corrispondenti a quelle previste dall’ordinamento penitenziario italiano, ma comunque tali da salvaguardare l’integrità psicofisica del minore, del genitore e della stessa famiglia”.
È principio generale del nostro ordinamento tutelare l’interesse del minore, essendo un’esigenza di protezione assicurata anche in vari testi sovranazionali.
A livello giurisprudenziale è inoltre sancita la salvaguardia dell’integrità psicofisica del genitore e del minore, il quale altrimenti sarebbe privato del rapporto affettivo con la madre in una fase delicata della sua esistenza.
L’art. 18 lett. p) della Legge n. 69/2005 prevede per il M.A.E. un’ipotesi in cui è vietata la consegna della madre con prole convivente di età inferiore ai tre anni.
Parimenti, anche la condizione di madre con prole di età superiore ai tre anni necessita di una continua assistenza materiale e affettiva, imponendo, quindi, che la consegna sia subordinata all’esistenza nell’ordinamento del Paese richiedente di adeguate garanzie tese ad assicurare che, durante il periodo di detenzione, la madre possa mantenere idonei contatti con i figli in tenera età, pur con modalità non necessariamente coincidenti a quelle previste dall’ordinamento penitenziario italiano.
La normativa del Paese richiedente non deve necessariamente corrispondere a quella prevista dall’art. 275, co. 4, c.p.p., in quanto la mutua collaborazione fra gli Stati dell’Unione Europea non impone identità di ordinamenti, bensì comune rispetto dei principi fondamentali della Convenzione EDU.
Qui il testo della sentenza.
A cura di Beatrice Paoletti