Catania e Firenze a confronto: sull’incompetenza funzionale della magistratura di sorveglianza minorile

La specializzazione del Tribunale per i minorenni implica la sua competenza funzionale, una competenza che si basa, in sede penale, non sulla gravità o la tipologia di illecito commesso quanto sull’età dell’autore. Difatti, l’organo in parola, ai sensi dell’art. 3, comma 2, d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, conosce di tutti i reati commessi dai minori degli anni diciotto e fino al compimento degli anni venticinquenne.

Se questo è vero, la violazione della competenza in commento, di natura esclusiva e inderogabile, comporta la nullità assoluta della sentenza, rilevabile in ogni stato e grado del giudizio (cfr. Cass. pen., sez. III, 19 ottobre 2016, n. 54996). È allora pregnante accertare la maggior età dell’autore del reato, radicando anche un’eventuale incertezza l’autorità del giudice minorile. Invero, la competenza del giudice ordinario presuppone la certezza della maggiore età del reo, mentre quella del giudice minorile ha ad oggetto non solo i reati commessi da minorenni, ma anche quelli per cui non è certa l’età dell’autore per esserne ignota la data di realizzazione (cfr. Cass. pen., sez. I, 21 ottobre 2016, n. 21312).

Nondimeno, problemi di ripartizione della competenza fra Tribunale ordinario e Tribunale per i minorenni si possono porre laddove il reo sia raggiunto da plurime condanne relative a reati commessi alcuni in età minore e altri dopo il raggiungimento della maggiore età. A fronte di dette condanne, soccorre in via generale l’art. 663 c.p.p., statuendo che il Pubblico Ministero determina la pena da eseguirsi e che, se le condanne sono state inflitte da giudici diversi, il cumulo viene disposto dal Pubblico Ministero presso il giudice che ha emesso il provvedimento divenuto irrevocabile per ultimo. Tuttavia, la norma non risolve il dubbio sulla competenza.

Proprio sulla quaestio in esame si sono pronunciati il Tribunale per i Minorenni di Catania e quello di Firenze, dichiaratisi incompetenti in funzione del Tribunale ordinario a fronte dell’istanza, volta alla concessione di una misura penale di comunità, presentata da due giovani detenuti condannati per reati commessi sia da minorenni che da maggiorenni.

In particolare, i giudici di Catania hanno rilevato come a carico dell’istante fossero eseguibili due sentenze definitive di condanna, una emessa dal Tribunale penale ordinario e l’altra dal Tribunale per i Minorenni, quest’ultima passata in giudicato in tempi più recenti con conseguente competenza della Procura Minorile ad emettere il provvedimento di cumulo. Viceversa, nel caso sottoposto all’attenzione dei giudici minorili di Firenze il provvedimento di cumulo di pene concorrenti era stato emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale Ordinario, poiché l’ultima sentenza di condanna passata in giudicato risultava essere quella da quest’ultimo emessa.

Si tratta di situazioni simili, che, nonostante differiscano con riferimento alla sentenza passata in giudicato per ultima e conseguentemente, al Pubblico Ministero competente per il provvedimento di cumulo, conducono i Tribunali alla medesima conclusione. Pacifico, infatti, secondo entrambi i giudici, è che la competenza a decidere sull’istanza spetti al Tribunale di Sorveglianza ordinario.

Tale conclusione trova avvallo nella giurisprudenza di legittimità consolidatasi prima dell’entrata in vigore del nuovo ordinamento penitenziario minorile (d.lgs. 2 ottobre 2018, n. 121), che, a più riprese, ha affermato che, in difetto di una norma esplicita, non rinvenibile nel sistema processuale o nella legge di ordinamento penitenziario, non opera alcuna perpetuatio jurisdictionis del Tribunale stesso quando si debba provvedere con riferimento ad un provvedimento di unificazione di pene concorrenti se alcune di esse siano state comminate per reati commessi dal condannato già divenuto maggiorenne. Ciò che rileva, dunque, è l’unicità del rapporto esecutivo e conseguentemente dell’autorità giurisdizionale con funzioni di sorveglianza che valuti le modalità dell’esecuzione della pena, che va individuata nel giudice ordinario di sorveglianza, e non nel Tribunale per i minorenni, anche se una o più delle pene concorrenti cumulate siano state inflitte da quest’ultimo (cfr. Cass. pen., Sez. I, sent. 24 ottobre 1979, n. 2736).

Questo orientamento, ormai risalente, trova conferma, secondo entrambi i giudici, nel nuovo ordinamento penitenziario minorile. Quest’ultimo, infatti, all’art. 10 disciplina l’ipotesi in cui, nel corso dell’esecuzione di una condanna per reati commessi da minorenne, sopraggiunga un titolo esecutivo di altra pena detentiva per reati commessi da maggiorenne, prevedendo che, in tal caso, il Pubblico ministero debba sospendere l’ordine di esecuzione in base a quanto previsto dall’art. 656 c.p.p. e trasmettere gli atti al magistrato di sorveglianza per i minorenni. Sarà quest’ultimo a valutare se vi siano le condizioni per la prosecuzione dell’esecuzione secondo le norme e con le modalità previste per i minorenni, tenuto conto del percorso educativo in atto e della gravità dei fatti oggetto del cumulo.

È evidente, dunque, che tale autorità potrebbe coincidere con quella minorile solo qualora l’interessato abbia iniziato a scontare la pena per il reato commesso nella minore età. La norma di recente introduzione, infatti, tesa a consentire, in via eccezionale, la perpetuatio jurisdictionis del Tribunale per i minorenni, ammette l’attrazione della competenza al magistrato di sorveglianza minorile (e al Tribunale minorile di sorveglianza) anche per l’esecuzione del titolo relativo a reati commessi nella maggiore età dal medesimo soggetto, se questi sia già entrato nel circuito penale minorile e sia ancora sottoposto alla misura penale di comunità. Il dato letterale è incontrovertibile: l’utilizzo dei termini proseguire e percorso educativo in atto rendono evidente il richiamo ad un percorso già iniziato ed in via di sviluppo.  Altrimenti opinando, non avrebbe senso l’attribuzione al magistrato di sorveglianza per i minorenni del compito di valutare la presenza dei presupposti per il prosieguo dell’esecuzione.

Ecco che entrambi i provvedimenti in commento registrano come l’esecuzione, nei casi specifici soggetti al loro esame, non sia ancora iniziata. Al contrario, nel caso catanese il giovane si trovava libero, in quanto collocato presso una struttura protetta in forza di un provvedimento cautelare dell’autorità giudiziaria penale ordinaria, con riferimento ad altro reato commesso nella maggiore età; in quello fiorentino, invece, l’ordine di esecuzione relativo ai reati commessi durante la minore età era stato sospeso dal Pubblico Ministero ex art. 11 d.lgs. 121/2018 e non vi era stata ancora una pronuncia del Tribunale per minorenni in funzione di Tribunale di sorveglianza sull’istanza.

In conclusione, considerata l’assenza di provvedimenti sull’esecuzione del reato commesso nella minore età, entrambi i giudici concludono che l’unica magistratura competente a modulare e seguire l’esecuzione dell’unica pena debba essere la magistratura ordinaria e contestualmente, dichiarano la propria incompetenza funzionale, indicando il Tribunale di sorveglianza ordinario quale autorità giudiziaria competente a decidere sulle modalità di esecuzione della pena.

Di seguito allegati, i provvedimenti di incompetenza emessi, nelle funzioni di Tribunale di sorveglianza, l’uno dal Tribunale per i Minorenni di Catania e l’altro dal Tribunale per i Minorenni di Firenze.

A cura di Paola Bonora

 

 

 

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