Spunti di riflessione attorno al tema della attualizzazione del concetto di pericolosità sociale nell’ambito delle misure di sicurezza (uff. sorv. di Genova, ord. 2.12.2022)

 

Il provvedimento che si propone affronta plurime questioni, strettamente correlate all’attualizzazione del concetto di pericolosità sociale, così che appare originale per l’intersecarsi dei profili più strettamente giuridici con quelle che sono le vicende personali del soggetto in esecuzione penale, proposto per un giudizio di pericolosità sociale.

L’interessato è un condannato comune, non infermo o seminfermo psichico, detenuto in espiazione di delitti principalmente contro il patrimonio, salva una rapina aggravata ed alcune violazioni delle misure di prevenzione.

Nel 2017, su richiesta della Procura, venne dichiarato, nel corso ancora dell’esecuzione penale intramuraria, delinquente abituale a norma dell’art. 102 c.p., ancorché il Magistrato di sorveglianza avesse comunque declinato sul versante concreto l’esame di pericolosità, non limitandosi alla ricorrenza dei presupposti di legge.

In data 14.9.2022 la Procura nuovamente domanda un esame di pericolosità sociale essendo la situazione di fatto del prevenuto significativamente mutata, essendo lo stesso frattanto stato ammesso alla misura più ampia di tipo terapeutico, giusta ordinanza del magistrato di sorveglianza di Genova emessa in data 16.6.2022.

Emerge sin da subito una importante caratteristica (affatto scontata), ovvero un’impostazione dell’Ufficio Esecuzioni Penali della Procura di Genova alquanto garantista, in quanto richiedente un nuovo esame di pericolosità sociale del prevenuto, pur a fronte di una già intervenuta declaratoria ex art. 102 c.p. e dunque a fronte del provvedimento già invocato ed ottenuto dall’Accusa.

Il Magistrato di sorveglianza ha dunque così proceduto: in primo luogo ha provveduto ad effettuare il nuovo esame, esaudendo la richiesta dell’Accusa, reputando significativamente mutata la situazione di fatto, quindi ha calato l’arcaico istituto di cui si tratta nel caso concreto, valutando le sopravvenienze; l’interessato infatti, dopo molteplici fallimenti di cui l’ultimo occorso solo nel 2021, ha avuto nuovamente accesso ad un percorso extra-murario comunitario di tipo terapeutico e nel frattempo ha reperito alcuni impegni lavorativi.

Dal canto suo, in sede di udienza, il rappresentante del pubblico ministero, pur chiedendo di ribadire l’abitualità a delinquere del condannato, ha rimesso al giudice la scelta della misura.

Nello scioglimento della riserva assunta in udienza, l’odierno magistrato di sorveglianza ha ritenuto di porsi in linea di continuità con l’ordinanza che era stata emessa nel 2017 (laddove la classificazione del prevenuto come delinquente abituale costituì l’esito di un giudizio di pericolosità comunque svolto in concreto) e non si è limitato, dunque, a verificare la ricorrenza dei requisiti astrattamente formulati dall’art. 102 c.p. Bensì, ha fondato il giudizio prognostico di recidiva sull’esame completo delle circostanze di cui all’art. 133 c.p. come emerse nel caso concreto e così conformandosi alla pronuncia della Corte Costituzionale n. 249/1983, al sistema introdotto dalla Legge Gozzini del 1986 e all’ulteriore decisione della Corte Costituzionale n. 443/1988.

L’esito è stato un positivo giudizio di pericolosità sociale, con declaratoria di abitualità. Al tempo stesso, però, il Magistrato ha ravvisato nel caso di specie indici da cui desumere un più attenuato rischio di recidiva, ciò che lo ha indotto a verificare con attenzione la misura da applicare, poiché, se anche l’interessato è stato classificato come delinquente abituale, finanche pericoloso, non necessariamente da ciò consegue che egli debba essere contenuto attraverso un vincolo giuridico. E ciò, per l’appunto, in ossequio agli insegnamenti della Corte Costituzionale appena richiamati.

Il problema si pone poiché per esplicito dettato normativo (art. 216 c.p.) ad una delinquenza qualificata, quale quella abituale, segue una misura detentiva: quid iuris, dunque, in caso di delinquenza abituale con pericolosità attenuata?

Grazie ad una lettura innovativa della pronuncia Corte di cassazione del 1998 (espressamente richiamata nell’ordinanza de qua), emerge come la risposta al quesito sia contenuta all’art. 69 O.P., comma 4, laddove consente di trasformare le misure di sicurezza e di provvedere in occasione dei provvedimenti anzidetti, alla eventuale revoca della dichiarazione di delinquenza abituale, con il risultato che la misura di sicurezza può essere trasformata (in melius) nel caso in esame, ma la declaratoria non necessariamente essere revocata.

a cura della dott.ssa Chiara Semenza, magistrato presso il Tribunale e l’Ufficio di sorveglianza di Genova

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