Il 10 maggio 2022 è stata data una risposta da parte di Olivér Várhelyi a nome della Commissione europea all’interrogazione parlamentare riguardante l’accordo tra Danimarca e Kosovo per il trasferimento di detenuti.
Il 20 dicembre 2021 la Danimarca e il Kosovo hanno sottoscritto un accordo che prevede che la Danimarca trasferisca nella prigione di Gjilan in Kosovo i detenuti stranieri: 300 prigionieri in esecuzione della pena loro inflitta dai giudici danesi e che oggi sono nelle carceri del paese scandinavo verranno trasferiti in un carcere a oltre duemila chilometri di distanza. Nello specifico, l’accordo stabilisce che per cinque anni, eventualmente rinnovabili per un identico periodo, e a partire dal primo trimestre del 2023, dietro il pagamento di una somma annuale di quindici milioni di euro oltre ad una somma iniziale di cinque milioni destinata ad effettuare i lavori necessari all’adeguamento del penitenziario, la Danimarca invierà nel carcere di Gjilan i detenuti condannati in via definitiva (https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/E-9-2022-000607_IT.html). Ma, occorre precisare: ad essere trasferiti saranno solamente i detenuti originari di Paesi terzi, i quali una volta scontata la pena verranno riportati in Danimarca per essere rimandati nel proprio Paese di origine.
Il Ministro della Giustizia danese Nick Hækkerup ha definito tale accordo «rivoluzionario». «L’accordo creerà spazio alle nostre prigioni e toglierà pressione sul nostro personale di custodia. Allo stesso tempo manda un chiaro segnale ai cittadini di paesi terzi condannati all’espulsione (una volta scontata la pena). Il vostro futuro non sarà in Danimarca e perciò non dovete scontare la condanna qui» (https://www.bbc.com/news/world-europe-59740324 ).
Si tratta di una vera e propria «delocalizzazione» attuata al fine di ridurre il sovraffollamento delle carceri danesi. Per capire meglio, la Danimarca dislocherà il carcere nello stesso modo in cui si delocalizza un’azienda per motivi economici.
La Danimarca, membro del Consiglio d’Europa, è parte della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’uomo; inoltre, ha sottoscritto la Convenzione dell’ONU per la prevenzione della tortura ed è vincolata al rispetto delle Nelson Mandela Rules le quali prevedono il diritto dei detenuti di comunicare con le loro famiglie ad intervalli regolari e che quindi devono essere assegnati a istituti penitenziari che siano il più possibile vicini alle loro case; ancora, essendo un membro dell’UE, la Danimarca ha l’obbligo di rispettare i diritti fondamentali stabiliti dalla Carta dei diritti il cui articolo 4, in conformità dell’articolo 3 della Convenzione Europea prevede che «nessuno può essere sottoposto a tortura, o a pene o trattamenti inumani o degradanti».
Il Kosovo invece non è membro né dell’UE né del Consiglio d’Europa e non è neanche parte delle convenzioni promosse da tale organismo; non è quindi obbligato a conformarsi alla giurisdizione della CEDU. Si tratta di un paese instabile che non può garantire pienamente il rispetto dei diritti umani dei detenuti in quanto non giuridicamente vincolato agli obblighi previsti dai trattati vigenti.
Da queste concise considerazioni ben si può percepire la pericolosità di tale accordo: l’intesa infatti crea uno scenario problematico e provoca gravi conseguenze e preoccupazioni dal punto di vista dei diritti fondamentali.
Che cosa si rischia? Quale trattamento potrà essere dato ai detenuti lontani dalle loro famiglie in un ambiente in cui si parla una lingua a loro sconosciuta, dove le visite sarebbero praticamente impossibili? Anche il Ministro della Giustizia danese è perfettamente consapevole di ciò: «I condannati trasferiti potranno ricevere visite sebben ciò sarà, ovviamente, difficile». Una cosa è certa: i detenuti si troveranno in una nowhere land senza possibilità di accedere alle attività socializzanti previste dai trattati, senza avere contatti con la propria famiglia, senza avere alcuna garanzia in caso di abusi e violenza, senza sapere che lingua parlare con il personale del carcere.
Inoltre, non è chiaro per quali attività e rispetto a quali comportamenti sia dei detenuti e sia del personale di custodia, la Danimarca resterebbe responsabile. Nulla di questo è stato precisato nell’accordo. In più e cosa gravissima, è che nelle prigioni del Kosovo si registrano inadeguatezza e un alto tasso di corruzione e maltrattamenti da parte del personale di custodia.
Allora l’attuazione di questo sistema comporterebbe una serie di violazioni dei diritti dei detenuti. L’accordo infatti ha sollevato preoccupazioni tra le organizzazioni che si occupano di tutela dei detenuti e di lotta alla tortura in quanto in primis lederebbe i diritti delle persone detenute e violerebbe gli obblighi della Danimarca in materia di diritti umani internazionali; è da considerarsi come il risultato di un rischioso approccio economicistico all’esecuzione penale di tipo privatistico, diretto al risparmio di risorse e di denaro e disinteressato allo scopo rieducativo e all’idea di sanzione rispettosa dei diritti fondamentali e della dignità umana. Insomma, tale accordo crea un pericoloso precedente nello scenario giuridico europeo che permette di parlare di “mercificazione” e di trattamento discriminatorio dei detenuti stranieri.
Dunque, ci chiediamo: tale intesa viola i diritti fondamentali, in particolare l’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali? Quali azioni intende intraprendere la Commissione per verificare l’impatto di tale accordo? (https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/E-9-2022-000607_IT.pdf )
L’articolo 53 della Convenzione di Vienna definisce «nullo» qualsiasi trattato che, al momento della sua conclusione, è in conflitto con le norme del diritto generale internazionale, perentorie e inderogabili, dunque con il diritto cogente, pertanto, se l’accordo in esame si considerasse una violazione alla CEDU potrebbe aprirsi la questione relativa alla nullità dell’accordo per contrasto con la norma di jus cogengs che pone il divieto della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti?
Ancora una questione: la Costituzione del Kosovo all’articolo 22 sancisce la diretta applicabilità e la prevalenza rispetto alle leggi interne dei diritti umani previsti dalle più importanti convenzioni internazionali in materia, fra cui la CEDU. Questa norma non stride con il contenuto dell’accordo sottoscritto il 20 dicembre 2021?
La Commissione è intervenuta in modo adiaforo e ha dato una risposta deludente ritenendosi non pienamente coinvolta nella vicenda. Ha ricordato che ai sensi del paragrafo 1 dell’art 51, la Carta dei diritti fondamentali dell’UE si applica agli Stati membri unicamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. Dunque, la Commissione ha invitato gli onorevoli deputati a rivolgersi allo Stato membro interessato al fine di ottenere ulteriori dettagli, ribadendo che l’accordo in questione è di tipo bilaterale, tra uno Stato membro e un paese terzo. Inoltre, ha spiegato che in casi come questi spetta agli Stati membri e alle rispettive autorità giudiziarie garantire che i diritti fondamentali siano effettivamente rispettati e tutelati in conformità della legislazione nazionale e degli obblighi internazionali in materia di diritti umani, compresi quelli derivanti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Ma l’accordo tra Danimarca e Kosovo viola i diritti fondamentali? La Commissione forse avrebbe potuto dare una risposta più soddisfacente; tuttavia, ha preferito delegare la questione e lasciarla nelle mani di qualcun altro.
Viste le non poche e complesse conseguenze, prima di procedere oltre occorrerebbe effettuare necessariamente e nel più breve tempo possibile una riflessione meticolosa sui principi costituzionali1.
dott.ssa Beatrice Addabbo
1 Riferimenti in Delocalizzare i penitenziari e deportarvi i detenuti. La soluzione in salsa danese al sovraffollamento carcerario in Questione e giustizia; L’esecuzione all’estero delle pene detentive: ritorno al passato? in Osservatorio; La Danimarca vuole inviare i suoi detenuti stranieri in Kosovo in L’indipendente; Carceri affollate? La Danimarca affitta celle in Kosovo per gli stranieri in Il sole 24 ore.