Nel caso di specie il Magistrato di Sorveglianza aveva rigettato l’opposizione proposta dal ricorrente avverso un’ordinanza del medesimo Magistrato con cui era stata respinta, per difetto del requisito delle disagiate condizioni economiche, l’istanza di remissione del debito avanzata in relazione alle spese processuali relative al procedimento definito con la sentenza della Corte di Appello.
Secondo l’orientamento della Corte di Cassazione, il requisito delle disagiate condizioni economiche è integrato non solo quando il soggetto si trovi in uno stato di assoluta indigenza, nel qual caso non può esservi alcun dubbio sulla ricorrenza del requisito, ma anche quando «l’adempimento del debito comporti un serio e considerevole squilibrio del bilancio domestico tale da precludere il soddisfacimento di elementari esigenze vitali e compromettere quindi il recupero e il reinserimento sociale» (cfr. ex multis Cass. Pen., Sez. I, sent. 6 luglio 2018, n. 42026), invece il requisito non sussiste nel caso in cui il soggetto versi in semplici difficoltà finanziarie (Cass. Pen., Sez. I, sent. 28 maggio 2013, n. 3575).
La prospettata condizione di incapienza reddituale può essere sconfessata da accertamenti che, anche in via indiziaria, evidenzino l’esistenza di un tenore di vita tale da far ragionevolmente presumere l’esistenza di redditi non dichiarati (Cass. Pen., Sez. I, sent. 20 giugno 2013, n. 36677)
Nel caso di specie, tale verifica era stata condotta dal Magistrato di Sorveglianza. Il Giudice aveva premesso che era illegittimo il provvedimento di rigetto dell’istanza di remissione del debito per spese di giustizia e di mantenimento in carcere fondato solo su una presunta disponibilità reddituale. Inoltre, il Giudice aveva affermato che, in ogni caso, era necessario accertare se l’adempimento del debito andasse a determinare uno squilibrio del bilancio domestico e, quindi, verificare la concreta ed effettiva incidenza dell’adempimento sul reddito disponibile (Cass. Pen., Sez. I, sent. 8 aprile 2010, n. 16901).
Secondo gli Ermellini, il Magistrato di Sorveglianza aveva condivisibilmente evidenziato come, per verificare l’incidenza sulla situazione economica del richiedente, si potessero considerare anche le sentenze di condanna passate in giudicato, purché da esse fosse possibile ricavare, seppure approssimativamente, il valore complessivo prodotto dalle condotte illecite tenute dal soggetto e, con esse, la sua presumibile situazione reddituale o economica (per la individuazione di tali criteri cfr. Cass. Pen., Sez. I, sent. 23 novembre 2012, n. 48400; Cass. Pen., Sez. I, sent. 20 giugno 2013, n. 36677).
Qui il testo della sentenza.
A cura di Beatrice Paoletti