Il Tribunale di Sorveglianza di Firenze e la nuova interpretazione costituzionalmente orientata dell’articolo 51 ter o.p.

 

L’ordinanza in commento trae origine da un’ opposizione presentata dal difensore di soggetto ammesso alla misura dell’affidamento in prova al Servizio Sociale avverso un provvedimento emesso dal Tribunale di Sorveglianza di Firenze con cui, nell’ambito del procedimento di sorveglianza in materia di estinzione della pena detentiva ai sensi dell’articolo 47 l. n. 354\1975, veniva negata l’estinzione della pena detentiva inflitta all’affidato per esito negativo del periodo di affidamento in prova.

Come emerge dalla ricostruzione fattuale contenuta nell’ordinanza in commento, il ricorrente veniva ammesso alla misura alternativa dell’affidamento in prova al Servizio Sociale dal Tribunale di Sorveglianza di Firenze con ordinanza datata 27/02/2020 sussistendo, a tal fine, tutti i presupposti richiesti ex articolo 47 legge n. 354 del 1975.

Al termine del periodo di prova, iniziato nel marzo del 2020 e terminato a fine gennaio dell’anno successivo, il Tribunale di Sorveglianza di Firenze in data 20\05\2021 dichiarava non estinta la pena detentiva inflitta all’affidato per esito negativo del periodo di affidamento in prova al S.S.; dalla relazione redatta dall’UEPE di Firenze, in atti versata, emergeva, infatti, come l’affidato, a cui era stata prescritta la sottoposizione ad un periodo di osservazione presso il SERD, pur partecipando ai programmi terapeutici predisposti dal Servizio, fosse risultato costantemente positivo all’uso di alcool e sostanze stupefacenti, apparendo, inoltre, sempre poco consapevole delle problematiche legate alla sua condizione di dipendenza.Veniva, inoltre, riportato come, nel corso della misura, lo stesso, veniva fermato dalle Forze dell’Ordine fuori dagli orari consentiti e alla guida della propria autovettura, nonostante un espresso divieto in tal senso, risultando, in quell’occasione, anche positivo all’esame del alcol test.

Alla luce di tali risultanze istruttorie, il Tribunale procedeva a dichiarare l’estinzione della pena limitatamente al periodo 31\03\20 – 30\09\20, in quanto l’affidato aveva comunque prestato l’attività di volontariato, seppur non assiduamente, rideterminando la pena residua da espiare in mesi 4 (dal 1\10\20 al 30\01\20).

Avverso tale provvedimento presentava opposizione il difensore dell’affidato, il quale deduceva, primariamente, come avrebbe meritato di essere maggiormente approfondita la connessione tra il disturbo psichiatrico del suo assistito e la mancata adesione al programma trattamentale, sottolineando come l’osservazione del percorso dallo stesso intrapreso aveva chiaramente portato alla luce la presenza di un vero e proprio disturbo psichiatrico di cui era affetto e che tale disturbo costituirebbe un vero e proprio ostacolo alla piena adesione ad un trattamento che risultava, proprio per questo, “monco” già in partenza, non tenendo conto di questa condizione.

In aggiunta a ciò, il difensore, proponeva al Collegio un’interpretazione adeguatrice dell’articolo 51 ter o.p. in linea con il principio di uguaglianza ex art 3 Costituzione, in base alla quale “anche in tal sede può applicarsi fin da subito per la parte residua di pena non dichiarata estinta- sebbene non previsto da alcuna disposizione normativa- una misura alternativa diversa e più grave rispetto a quella il cui esito si sia rivelato negativo”.

In tal senso il difensore rilevava che, così come ai sensi dell’articolo 51 ter o.p., nel caso in cui una persona sottoposta a misura alternativa ponga in essere nel corso della stessa comportamenti suscettibili di determinarne la revoca, la stessa può essere sostituita con altra misura più grave, allo stesso modo, tale possibilità di sostituzione della misura con altra più appropriata dovrebbe essere consentita al Tribunale anche nel caso di esito negativo della prova\misura che si è, però,  già conclusa, come nel caso in oggetto.

In caso contrario, sostiene il difensore, “si porrebbe un problema di contrasto con l’art. 3 Costituzione, in quanto si regolerebbero in maniere radicalmente diversa situazioni del tutto analoghe”.

Alla luce di tali doglianze veniva, quindi, in via preliminare richiesta una perizia psichiatrica al fine di accertare l’intensità del disturbo psichiatrico dell’affidato e di stabilire in che modo lo stesso avesse interferito sull’adesione al trattamento e, in via subordinata, in base alla seconda argomentazione esposta, la sostituzione della misura già concessa con quella dell’affidamento terapeutico ex art. 94 Dpr 309\90 o, in alternativa, con la detenzione domiciliare.

All’esito delle risultanza dell’attività istruttoria e sulla base delle argomentazione avanzate dal difensore sopra meglio esposte il Tribunale, nell’ordinanza in commento, statuisce che “gli esiti fallimentari della misura già ormai eseguita (…) e il costante successivo abuso di sostanze (sostanzialmente mai interrotto) devono indurre ad una non declaratoria di estinzione della pena e pertanto l’opposizione dovrebbe essere respinta, indipendentemente dallo stato psicofisico dell’interessato (che se anche coinvolgesse l’imputabilità ex art. 85 e ss. c.p. non avrebbe rilievo giuridico in tema di capacità adesione alle misure alternative e per questo motivo va respinta l’istanza di perizia)”, precisando comunque come “non si può tralasciare il dato, indiscutibilmente emerso, dei disturbi di personalità e del disagio psichico di cui il condannato è portatore che non può non aver avuto il suo decisivo effetto sulle condotte durante e dopo l’esecuzione della misura: detti elementi inducono ad una valutazione del caso particolarmente adesiva alle esigenze di recupero di cui (…) è indiscutibilmente portatore”.

Al Collegio comunque, “posto che, nella situazione analoga che si sarebbe posta qualora tale valutazione fosse stata fatta nel corso dell’esecuzione in sede di revoca ex art. 51 ter o.p. si sarebbe potuto operare una mera sostituzione della misura in corso con altra più grave (…) pare (…) di poter accogliere l’interpretazione adeguatrice proposta dal difensore, in linea con il principio di uguaglianza ex art. 3 Cost., secondo la quale anche in questa sede può applicarsi fin da subito per la parte di pena non dichiarata estinta (…) una misura alternativa diversa e più grave rispetto a quella il cui esito si sia rivelato negativo”; “per questi motivi va accolta in parte qua l’opposizione, pur confermando la non declaratoria di estinzione della pena per la misura di mesi 4”, di conseguenza procedendo all’applicazione per la pena residua della misura della detenzione domiciliare, più grave rispetto a quella eseguita in precedenza con esito negativo.

 

A cura di Giulia Ricciardi

 

Qui di seguito l’ordinanza : 0391_001

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