Keep it Trill, pubblicato il sesto rapporto di Antigone sulla giustizia minorile in Italia

15 Febbraio 2022

Lo scorso 11 febbraio è stato presentato presso l’ufficio di Roma di Legance – Avvocati Associati e pubblicato sul sito ragazzidentro.it il nuovo rapporto di Antigone sulla giustizia minorile in Italia. Scopo precipuo del sito è raccogliere i rapporti pubblicati con cadenza biennale da Antigone sullo stato degli Istituti penali per i minorenni (IPM) presenti in Italia, grazie all’aiuto di volontari dell’associazione, autorizzati a visitare i suddetti Istituti e ad effettuare video e interviste al loro interno.

Il rapporto chiamato Keep it Trill è il sesto rapporto dell’associazione in materia. La parola Trill nello slang hip hop nasce dall’unione fra true e real e indica qualcosa di autentico, come i vissuti dei ragazzi che finiscono nel circuito penale e che Antigone racconta nella serie video con il rapper Kento, attivo all’interno degli IPM e delle comunità con laboratori di scrittura rap e poesia.

Nel dettaglio, dal Rapporto emerge una complessiva tendenza positiva: è diminuito, infatti, sia il numero dei minorenni arrestati o fermati dalle forze dell’Ordine che quello dei ragazzi negli IPM. Quanto a quest’ultimo dato, è stata registrata la presenza di soli 316 ragazzi al 15 gennaio 2022, a fronte dei 375 presenti al 15 gennaio 2020. Si tratta di un dato importante, se si considerano i 13.800 ragazzi complessivamente in carico ai Servizi della Giustizia Minorile. Di questi, 140 sono stranieri e solo 8 le ragazze.

Si conferma, dunque, il ruolo – per fortuna – sempre più marginale della detenzione nel sistema penale minorile. Tale calo non è imputabile né ad una diminuzione del numero dei reati commessi né alla pandemia e alle connesse misure emergenziali adottate dal Governo per risolvere le situazioni di sovraffollamento carcerario, cui per i minori si è fatto poco ricorso data la presenza di istituti ad hoc ben più favorevoli e duraturi. Si legge, infatti, nel Rapporto che appare dunque verosimile che il sistema della giustizia minorile abbia semplicemente accelerato, a causa della pandemia, quel percorso avviato comunque da tempo, di residualizzazione del ricorso al carcere. Nulla di nuovo dunque ma semplicemente, a fronte di una situazione straordinaria, una maggiore determinazione nel proseguire lungo un solco virtuoso già tracciato.

Del resto, un ruolo importante, nel sistema della giustizia minorile, è quello rappresentato dalle comunità. Sono 637 le strutture presenti in tutta Italia, che nel 2021 hanno accolto oltre 1.500 ragazzi, accompagnandoli nel percorso rieducativo. 

Quanto alla popolazione presente negli IPM, si tratta ragazzi entrati perché responsabili di delitti contro il patrimonio nel 54% dei casi, una percentuale in aumento se si guarda agli stranieri (60 %) o alle ragazze (73%). Sono, dunque, gli italiani a commettere la maggior parte dei delitti contro la persona, frutto di circa il 20% degli ingressi, valore che in tal caso si riduce per gli stranieri (18%) e per le ragazze (8%).

Non si può sottacere che il 52,5% dei presenti in IPM sia in misura cautelare. Questo dato, che potrebbe allarmare, viene letto, invece, dall’Associazione in una diversa prospettiva. Non tanto come abuso dello strumento di massima coercizione in assenza di condanna, ma alla luce dei numerosi percorsi presenti nelle comunità e sul territorio, che fanno dell’IPM una fase provvisoria del percorso di reinserimento, utile ai fini dell’individuazione del luogo più adatto per il ragazzo per scontare la pena o la restante parte della misura cautelare. Spiega, dunque, il dato in commento la preferenza accordata a collocazioni diverse, una volta intervenuta la condanna definitiva.

Da ultimo, si rileva un maggior ricorso alla detezione a Sud e nelle Isole rispetto al Centro e al Nord. Negli Istituti meridionali e insulari si registra, infatti, il 55,9% delle presenze totali al 15 gennaio 2022. Tale dato è certamente dovuto alla maggior presenza di IPM su detto territorio (10 su 17), ma, a fronte del solo 47,6% di ragazzi in carico ad uffici del Sud o delle Isole sui 13.800 totali, è evidente come le aree del Nord e del Centro offrano maggiori percorsi alternativi al carcere.

A fronte di questi dati, e soprattutto del riscontrato ricorso sempre più residuale al carcere, Antigone chiede un nuovo Codice penale per i minorenni, insieme ad una disciplina penitenziaria ad hoc. Secondo il presidente dell’associazione, Patrizio Gonnella, il Codice penale, di matrice totalitaria, approvato ben 92 anni fa, non è né costituzionalmente né convenzionalmente compatibile. Infatti, non soddisfa né il principio del best interest of the child, sancito nella Convenzione Onu del 1989 sui diritti dell’infanzia, né quello rieducativo di cui all’articolo 27 della Costituzione. Serve un diverso catalogo dei reati e delle sanzioni, perché i suddetti principi possano adattarsi alla situazione di ragazzi e ragazze, non essendo concepibile l’equiparazione del delitto commesso da un giovane ragazzo a quello commesso da una persona adulta. Il primo – sottolinea Gonnella – potrebbe essere affrontato fuori dal circuito penale, attraverso la depenalizzazione o il ricorso alla giustizia riparativa e, anche laddove ciò non possa avvenire, la punizione non può essere la stessa prevista per un adulto. Tuttavia, non è sufficiente a garantire al minore una tutela differenziata effettiva la previsione di una pena di durata inferiore, ma è indispensabile una diversificazione delle pene stesse, che renda il carcere sempre più marginale. Dunque, l’introduzione di un Codice penale ad hoc non può non accompagnarsi ad una legislazione penitenziaria della stessa natura e non parzialmente sovrapposta a quella degli adulti, come l’attuale d.lgs. 2 ottobre 2018, n.121, ritenuto inadatto, secondo Gonnella, ad affrontare la complessità del fenomeno adolescenziale. Solo così si andrebbe a creare un ordinamento minorile specifico, portando a termine quanto iniziato con il D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, intervenuto in materia di processo penale minorile. Gonnella lancia, dunque, questa “sfida culturale, prima che giuridica”. Del resto, come egli afferma, un minore va educato fuori dalle galere e la proposta di sottrarre il minore alla giustizia penale nasce proprio per rispondere a tale esigenza.

Si rinvia, per ulteriori dettagli, al sito: https://www.ragazzidentro.it/

 

A cura di Paola Bonora

 

 

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