LA BATTITURA COLLETTIVA DEI BLINDATI SUI CANCELLI DELLE CAMERE DI PERNOTTAMENTO COSTITUISCE ILLECITO DISCIPLINARE
Il caso posto all’attenzione della Corte di Cassazione trae origine dall’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di L’Aquila con cui veniva confermata l’anteriore decisione del Magistrato di Sorveglianza che, in accoglimento del reclamo proposto da un detenuto, aveva annullato le sanzioni disciplinari a lui irrogate per una pluralità di condotte consistenti nella battitura, per la durata di non oltre mezz’ora al giorno, di oggetti sul cancello blindato della camera di pernottamento; condotta attuata congiuntamente ad altri detenuti ed in concomitanza con l’azione di questi.
Invero, a parere del giudicante, doveva ritenersi assente il presupposto per l’esercizio del potere disciplinare, atteso che la suddetta condotta – inserita nel contesto di una pacifica protesta collettiva contro alcune restrizioni – oltre a non essere degenerata in comportamenti violenti, minatori od offensivi, non aveva causato l’interruzione del servizio né aveva prodotto danni ai beni dell’Amministrazione penitenziaria.
Tuttavia, quest’ultima, non condividendo tale giudizio, con ricorso per Cassazione deduceva l’incongruità di tale sindacato, poiché la battitura collettiva di blindati costituirebbe ex se una condotta idonea a cagionare oggettiva molestia ai detenuti non aderenti alla protesta, agli operatori in servizio presso l’istituto e ai cittadini abitanti nelle immediate vicinanze.
Ulteriormente, a parere della ricorrente, tale comportamento può arrecare un innalzamento della tensione all’interno dello stabilimento penitenziario, in grado di cagionare una potenziale minaccia per l’ordine e la sicurezza interna.
Rispetto a tale questione, la Suprema Corte inquadra la condotta contestata al detenuto nella tipologia di illecito disciplinare previsto dall’art. 77, comma 1, n. 4, reg. es. o.p., relativo agli “atteggiamenti e comportamenti molesti nei confronti della comunità”, avente come ratio quella di garantire, all’interno degli istituti, il rispetto delle regole e delle condizioni di civile convivenza che costituiscono il preludio indispensabile per l’ordinato svolgimento della vita penitenziaria e per la realizzazione degli obiettivi del relativo trattamento.
Ciò premesso, la Corte di Cassazione ha condiviso la contestazione mossa dall’Amministrazione penitenziaria nei confronti del detenuto, ritendo pienamente integrato il suddetto illecito disciplinare.
Invero, nel concetto di “molestia”, evocato dall’art. 77, comma 1, n. 4, reg. es. o.p., debbono essere ricomprese “tutte le situazioni di fastidio, disagio, disturbo, e comunque di turbamento della tranquillità e della quiete della comunità penitenziaria, che producono un impatto negativo, anche psichico, sull’esercizio delle normali attività quotidiane, di relazione e di lavoro di quanti facciano parte della comunità stessa. Le emissioni sonore prodotte dalle battiture, e il frastuono complessivamente suscitato, in rapporto alla forma collettiva assunta dalla protesta – attività materiali, non riducibili a mere espressioni di pensiero dissenziente – appaiono manifestazioni paradigmatiche di molestia nel senso appena specificato, almeno nei casi in cui superino una soglia fisiologica di ordinaria tollerabilità, che si misura in relazione alla durata e alla frequenza della protesta stessa, anche in rapporto alle ragioni che possano averla determinata”.
Peraltro, dato che l’apprezzamento concreto circa l’avvenuto superamento del margine di tollerabilità, in caso di irrogazione della sanzione disciplinare e di sua impugnativa giurisdizionale, è rimesso alla valutazione della magistratura di sorveglianza, la Suprema Corte ha annullato l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Sorveglianza de L’Aquila, avendo quest’ultima omesso “di apprezzare in concreto, secondo canoni di ragionevolezza e plausibilità logica, le condotte addebitate, che, così come identificate dall’ordinanza stessa, appaiono caratterizzate, secondo maggiore o minore evidenza, da indici qualificati di intensità e persistenza”.
In definitiva, da tale pronuncia se ne deduce che “in tema di sanzioni disciplinari ai detenuti, la battitura collettiva dei blindati delle camere di pernottamento, adottata dai detenuti quale forma di protesta, può integrare l’illecito disciplinare di cui all’art. 77, comma 1, n. 4, reg. es. ord. pen., come comportamento molesto nei confronti della comunità penitenziaria, quando, tenuto conto delle ragioni che l’hanno determinata, per durata e frequenza supera la soglia fisiologica di ordinaria tollerabilità”.
Qui il testo della sentenza.
A cura di Arianna Stefani