“Antonio e la lucertola. Dal paradigma imputatocentrico al paradigma offesocentrico”: così si intitola il libro scritto dal magistrato Silvia Cecchi, con la postfazione ad opera di Rosario Salomone, giudice onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Roma e direttore dell’Ufficio Scuola della Diocesi di Roma. La scrittrice, partendo dall’esperienza di sostituto procuratore presso la Procura di Pesaro, propone una diversa ottica interpretativa per la trattazione dei problemi più delicati della penalità contemporanea, ossia al paradigma imputato centrico, il quale coincide con un diritto penale che verte sul fatto e sull’offesa come quello previsto dalla Costituzione, sostituisce il paradigma offesocentrico. Si tratta, in altre parole, di operare una rotazione prospettica la quale, a detta dell’autrice, apporterebbe importanti benefici, utili a chiarire le ragioni della penalità, a interpretare e applicare in concreto le norme penali nonché a individuare le sanzioni più appropriate dal momento che, come si legge nella premessa, «Un sistema penale che vacilla sotto l’attacco di critiche e perplessità, dal suo interno come dal suo esterno, e di cui nessuno è contento, ci interroga sui fondamenti primi su cui esso si regge».
Dunque, al fine di ridare credibilità al sistema giudiziario, occorre recuperare la “logica del bene giuridico” poiché «Partire dai beni – riflette Cecchi -, va detto senza mezzi termini, significa anche riconoscere una matrice assiologica al diritto penale, la cui ragion d’essere è in quella ponderazione valoriale entro la quale la Carta costituzionale colloca i beni a cui va accordata tutela penale. Significa riproporre in altre parole una “eticità” del diritto, pur dopo averne bandita ogni tentazione soggettivistica e ideologica, trasferendone il centro focale sulla (etica della) relazione. Significa auspicare una riforma, preceduta da una rilettura critica dell’esistente, del diritto penale sostanziale e processuale che tenga conto di queste direzioni di pensiero».